L’ISTRUTTORIA DI PETER WEISS

Un giudice, L'ISTRUTTORIA DI PETER WEISSun difensore, un procuratore, diciotto accusati e nove testimoni anonimi sono i personaggi di quest’opera teatrale in undici canti che, come un inferno laico e contemporaneo, mette in scena una sorta di viaggio agli inferi di Auschwitz. Atto di denuncia contro i criminali nazisti, L’istruttoria Le 183 giornate del processo in cui vennero ascoltati 409 testimoni, 248 dei quali scelti tra i 1500 sopravvissuti, rappresentarono il primo tentativo da parte della Repubblica Federale Tedesca di far fronte alla questione delle responsabilità individuali, imputabili ad esecutori di ogni grado attivi nei recinti del lager.

Interpretato da trenta anni, ogni anno, dagli stessi attori e intatto nella sua intensa drammaticità e nel suo allestimento, anche quest’anno è ritornato in scena.
Noi c’eravamo e vogliamo raccontarvelo con le nostre riflessioni.

 

http://www.teatrodue.org/13734/stagione-20142015/listruttoria-13/#sthash.AT5z3aUv.dpuf

9 risposte a L’ISTRUTTORIA DI PETER WEISS

  1. malpelichiara ha detto:

    A mio parere quest’ opera teatrale è molto originale, il coinvolgimento del pubblico da parte degli attori, sia all’ inizio che comunque durante lo spettacolo ti rende partecipe e attento ai particolari. Vi sono, ovviamente (essendo parole realmente dette durante un processo), riferimenti a volte diretti e un po’ crudi nel vero senso della parola, che però personalmente mi hanno fatto riflettere sulle atrocità che venivano compiute sui corpi di persone innocenti.
    Sicuramente mi ha colpito e fatto riflettere. Il modo con cui gli attori pronunciavano le parole mi è sembrato molto intenso e anche le musiche coinvolgevano il pubblico insieme alle luci suggestive.

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  2. denisacirja ha detto:

    Il teatro è una forma di comunicazione capace di trasmettere profonde emozioni.
    A teatro abbiamo avuto modo di vedere uno spettacolo sulla Shoah che mi ha profondamente colpita.
    E’ stato spiegato bene il fatto che gli ebrei, una volta entrati nel lager, non avessero più un’indentità. Tutto ciò che potevano essere scompare, perchè l’unica cosa a cui potevano pensare era la soppravvivenza. In pratica l’orgoglio e la personalità venivano annientate.
    Sono “contenta” del fatto che esistano moltissimi libri e film su questo tema , perchè tutta quell’ingiustizia non va dimenticata, va tenuta ben presente.
    Ciò mi ha commossa in particolare sono state le testimonianze sugli esperimenti che fecero sulle vittime.
    Esperimenti di laboratorio sulla fertilità femminile, che provocavano alle giovani donne invecchiamento precoce e aborti. Torture che non si dovrebbero praticare nemmeno sui topi, venivano inflitte a donne sane e innocenti.
    Il fatto di far abortire una donna al settimo mese di gravidanza è al di fuori di ogni principio umano.
    Penso che, la storia ci debba far riflettere, sia per noi stessi, per la memoria di tutte le vittime che hanno perso la loro vita ingiustamente.

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  3. lolo1996 ha detto:

    Attraverso questo spettacolo, molte cose si sono svelate e rivelate sotto i nostri occhi.
    A me ha impressionato moltissimo un oggetto di scena: la “gamella”, un piccolo recipiente all’interno del quale i prigionieri di Auschwitz dovevano mangiare, lavarsi e fare i propri bisogni.

    Spesso studiando i veri fenomeni storici, ci scordiamo moltissime volte di cose molto importanti che vanno al di fuori della storia ufficiale: mi riferisco ai pensieri ma soprattutto ai veri sentimenti delle persone coinvolte. Lo spettacolo le riporta a galla e ti costringe a fare i conti con esse. Non si può fare a meno di immedesimarsi in chi, quella gamella ha dovuto utilizzarla realmente.

    Un altro aspetto degno di essere sottolineato è la forza della parola. Il testo è crudo, a tratti violento, brutale ma solo attraverso queste “parole”, al processo di Francofrote, sono riemerse verità sconcertanti.
    Il rifiuto di una risposta concreta da parte delle SS imputate invece è un’ulteriore e inammissibile offesa nei confronti degli ebrei.
    Lorenzo Micale

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  4. sandramaaiez96 ha detto:

    Abbiamo vissuto  un’esperienza davvero da ricordare.
    E’ stato uno spettacolo particolare: mi ha fatto sentire parte integrante della storia questo perchè il racconto è cominciato con noi sul palco.
    Ho sentito parlare di deportazioni, di torture, di esperimenti, massacri di uccisioni di ESSERI UMANI compiuti senza pietá solo 70 anni fa. E’ una terribile tragedia che mi riempie il cuore di tristezza, è un avvenimento che ricorderó per sempre e che tutti dovrebbero ricordare affinchè tutto ciò possa essere evitato.

     Ma ciò che mi afflige di più è che ancora oggi, pur ricordando,  massacri del genere avvengono ancora  sotto i miei occhi. Questo odio che continua ad annidarsi nel cuore dell’uomo alimenterà il male e finchè non si rifiuterá questo odio non si vivrá mai in pace.
    Sandra Maayez (classe VA)

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  5. smartivals ha detto:

    Trovo che l’opera sia stata molto coinvolgente e soprattutto immersa appieno nel periodo storico trattato.
    Penso sia difficile oggigiorno riuscire a far interessare i giovani e, soprattutto, a coinvolgerli, ma gli attori sono stati straordinari, sono riusciti a farci vivere realmente ciò che stavamo guardando.
    Io personalmente ho avuto i brividi più volte durante lo spettacolo, soprattutto per le cose che raccontavano, che sembravano irreali.
    Penso che anche la disposizione piccola della sala sia fatta per un unico scopo, ovvero quello di canalizzare tutta l’attenzione sui passaggi da una scena ad un’altra e anche per incentrare l’attenzione, per non farci disperdere.
    Magari hanno voluto ricreare una sorta di tribunale come quello di cui si parlava all’interno della recita.
    Ho seguito molto volentieri tutta l’opera senza mai annoiarmi e sicuramente la consiglierei ad altre persone, perché penso che pochi siano a conoscenza di recite, ma soprattutto storie, come questa.
    La cosa che mi ha colpito di più é stata proprio la bravura degli attori, mi hanno catturato con la loro maestria nel raccontare ciò che é stato scritto anni fa e non é facile immedesimarsi in quei testimoni che hanno partecipato al processo, rimanere calmi e concentrati tutto il tempo.
    Tutto era in silenzio, per contemplare, per tuffarci inverosimilmente in quella situazione e nessun applauso é stato fatto ed é stato fatto fare, perché anche se gli attori sono stati bravi, nessuno all’epoca reale dei fatti applaudiva alle testimonianze di persone che avevano vissuto cose spiacevoli e altre che ne ammettevano le colpe.
    Penso che gli attori abbiano colto l’essenza dell’intera storia.
    Sono stata felice di aver partecipato.

    Martina Valentini

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  6. shpresadaiu ha detto:

    L’istruttoria
    Die Ermittlung è il vero nome dell’opera che non è letteralmente “istruttora”…significa più fedelmente: “chiarificazione”, “esperimento di verità”..
    La cosa particolare , la cosa che mi ha colpito di più è il fatto che ci hanno fatto entrare dal Backstage. Eravamo più di 100 persone sulla banchina del treno. Ciò mi ha fatto molto impressione perchè in quel momento noi impersonavamo gli ebrei e per un attimo ci siamo messi nei panni delle migliaia di povere vittime della Shoa.
    Un altro momento particolare durante la rappresentazione è stato quando viene simulata la camera a gas. il fumo è uscito in tutta la sala: ciò sinceramente mi ha toccato molto perchè mi sono immaginata io stessa nei panni di quelle persone e in quel momento che sembrava così reale pensavo di ritrovarmi anch’io in una camera a gas.
    Le condizioni di queste povere vittime che in un unica bacinella dovevano soddisfare tutti i loro bisogni mi ha fatto pensare quanto fortunati siamo noi oggi che abbiamo tutte le possibilità e nonostante ciò troviamo sempre qualcosa di cui lamentarci
    Un’ altra cosa che mi ha colpito è il fatto che gli accusati vengono chiamati per nome mentre le vittime rimangono anonime (esattamente come succedeva dentro al lager).
    Un’opera davvero da vedere!
    Daiu Shpresa

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  7. imedaouil ha detto:

    Siamo stati a teatro, si siamo stati a teatro per commemorare uno dei periodi peggiori della storia dell’essere umano.
    Una delle frasi che mi hanno colpito di più è stata “Noi siamo cresciuti con l’idea che gli ebrei non fossero brave persone, che andassero eliminate” non era esattamente così la frase ma il concetto è quello.
    Mi sono dunque domandato: è quindi possibile educare una intera popolazione e persuaderla della bontà di un’idea che invece è folle e sbagliata?
    Purtroppo Sì, la storia lo ha dimostrato.

    Anche oggi il pericolo non è scomparso.
    Noi ragazzi della nuova generazione stiamo crescendo schiavi della tecnologia, pensiamo di poterla controllare ma è lei che controlla noi.
    Io ora non voglio esagerare ma come la gente in passato è CRESCIUTA con l’idea di “eliminare” gli ebrei beh noi stiamo CRESCENDO con l’ideale di eliminare noi stessi, la nostra vita sociale, sentimenti, un abbraccio, un bacio, insomma tutto ciò che ci rende esseri umani e esseri pensanti.

    Ma se si perdono questi valori, saremo in grado di dire no alle minacce di un eventuale nuovo Hitler?

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  8. gabriel2m ha detto:

    Tra le vicende raccontate sono due gli aspetti che mi hanno colpito di più:
    Per primo il tentativo di autoconvincimento da parte di dottori nazisti e di alcuni detenuti, che dicevano di aver “salvato” i nuovi arrivati al campo, facendoli passare per idonei, quando non lo erano, quindi non mandandoli direttamente alle camere a gas. E secondo la violenza con cui viene ucciso un bambino polacco da un dottore. Preso per i piedi e sbattuto con forza contro un muro.
    Ancora non comprendo come ideali talmente sanguinari, come quelli del nazismo, abbiano convinto così tante persone che fossero giusti. Non comprendo neppure la passività delle persone, che pur sapendo cosa stava accadendo non facevano nulla, pensando che fosse meglio stare zitti altrimenti sarebbe toccato a loro la stessa fine.
    Sì! E’ giusto ricordare per evitare che l’olocausto si ripeta, ma purtroppo la discriminazione razziale e sessuale, la privazione della libertà di pensiero, di culto e di stampa, presenti in molte parti della Terra, costituiscono una privazione dei diritti dell’uomo e penso inoltre che la storia si stia ripetendo. Magari gli aguzzini non si chiamano più nazisti, ma si fanno chiamare jihadisti, narcotrafficanti, mafiosi o estremisti di qualsiasi tipo, con ideali diversi da quelli passati, ma con lo stesso principio, fare i propri comodi a discapito di altri.
    Gabriel Medina

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  9. francescatrombi ha detto:

    L’omicidio di una persona sola, plurimo o addirittura un genocidio rientrano nella categoria dei reati che non possono andare in prescrizione, esattamente come la memoria collettiva, che non può dimenticare i fatti più sconvolgenti dell’esistenza umana e i crimini commessi contro di essa quindi, non possono andare in prescrizione.
    Detto questo, la memoria collettiva, come può essere strumentalizzata, può essere anche cambiata; ma c’è una cosa che non può essere modificata: la coscienza, di una persona sola o di centomila, la coscienza è quella vocina che alla fine tutti udiamo dentro di noi, e che di solito consiglia la strada da intraprendere, spesso e volentieri però, chi per paura, chi per pigrizia decide di intraprendere la strada più sicura che non sempre corrisponde a quella giusta.
    È, essenzialmente quello che è successo (e che continua a succedere) in Germania, Polonia, Russia, Francia e Italia, chi, per paura o per comodità, si è sentito in dovere di delegittimare un’intera popolazione, dissidenti politici, omosessuali e handicappati dei loro diritti naturali, parola, espressione, nome, vita, degna esistenza. Per cosa? Per non finire uccisi o peggio, perseguitati. Ma cosa si poteva fare? Ribellarsi e restare uccisi? Disertare e venire internati come dissidenti?
    La morte: chi nei campi di concentramento non ha desiderato la propria morte? Dopo il dolore, le ingiustizie, la fame, il freddo, il lavoro e la perdita della ragione, chi non desidererebbe morire, per scampare dall’inferno che si vive ogni giorno? Si dimentica di essere umani, si dimenticano gli affetti , l’aiuto reciproco viene a mancare e la vita, o quel che ne resta, diventa una guerra tra poveri per riuscire ad avere un pezzo di pane in più, mentre si continua a sperare di morire, per mettere fine alle proprie sofferenze.
    Chi è riuscito a fuggire da quegli inferni solitamente racconta che la voglia di vivere era talmente forte che è stata proprio lei a mantenerli in vita, ma a che costo? Quanti pezzi di pane sono stati sottratti ad altri? Quanti vestiti rubati? Quante umiliazioni subite, pur di ottenere un favore e qualche minuto di vita in più? A quante persone si ha firmato la condanna a morte pur di vivere? Ma l’obiettivo dei carnefici era esattamente questo, annientare la solidarietà, per meglio controllare i malcapitati.
    Venendo al dunque, l’Istruttoria ci ricorda cosa successe e come furono trattati e come si comportarono i carnefici: come se nulla fosse successo, come se i milioni di morti non fossero mai esistiti, come se fosse una condizione necessaria per restare in vita, condannare a morte altre persone, colpevoli solo di essersi trovate nel posto sbagliato, nel momento sbagliato.
    I carnefici (e i collaboratori vari) non si sono mai pentiti e mai si pentiranno dei crimini commessi, e credo, che non verrà mai resa giustizia a chi, nei campi di concentramento ha perso la vita, e credo che la mia tesi sia supportata dal semplice fatto che, nemmeno un gruppo di studenti, giovani, col cervello al massimo delle sue capacità, non sia stato in grado di reagire con forza ad una sollecitazione del genere, se non con un sospiro di liberazione, perché, finalmente, lo spettacolo era finito e si poteva tornare a casa.

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